Sono
tornato dalla Grecia da un giorno, e mi pare sia già trascorsa una
vita.
La sensazione più forte della Grecia è
che sia un Paese vivo, fatto di persone meno disilluse di noi; che
hanno più speranza, più luce negli occhi.
Quanto sono belle
e quanto sono forti le donne greche. Le venti- trentenni sono belle
da lasciare senza fiato, ma sono parallelamente anche molto donne:
sono femminili e al tempo stesso molto più vicine ad una vera e
piena parità che le connazionali; libere di gestire la loro vita,
sembrano assai più moderne, più libere delle nostre. Più serene,
con meno complessi. Con meno sensi di colpa, e con meno paure. Più
libere, più belle.
Loro e gli sguardi degli anziani, dei
poveri, e la loro profonda umanità e dignità non mi sono sembrati
gli sguardi di sconfitti, di persone investite da una nuova povertà
della crisi, dopo l'illusione di crescita che l'Europa aveva dato
all'intero paese all'inizio degli anni 2000, quando la Grecia è
cresciuta anche del 6% annuo. Sono veramente la patria della
filosofia: la vita va vissuta e non deve essere per forza bella; è
il percorso, la vita stessa a essere bella, anche se non si arriva da
nessuna parte.
Mi hanno infuso fiducia e serenità. Mi
illudevo in modo banale e meccanico di trovare parte della serenità
perduta non pensando ai miei piccoli problemi quotidiani grazie alla
distrazione di una vacanza al mare. E' stato molto di più di una
vacanza al mare. La Grecia è un paese che si fa amare e rispettare,
almeno tanto quanto l'Italia e gli italiani sono bravi a farsi
odiare.
Mai come prima di ieri il mio Paese, l'Italia, mi è
sembrata avvolta da una cappa mefitica nella quale niente cambia,
indipendentemente da quanto tempo sia trascorso: stessi discorsi
vuoti e doppiati dei politici, degli imprenditori, delle persone sui
treni, che si ripetono imperterriti, sempre uguali nella loro litania
di accuse vicendevoli, nello scaricabarile, nell'assoluta incapacità
di prendersi le responsabilità del proprio operato. L'Italia da
fuori sembra un colosso immobile, in cui nulla si possa spostare
perché comprometterebbe gli equilibri, e questa immobilità, questa
impossibilità di migliorare spesso si trasforma in frustrazione. In
rabbia.
Perché da noi le persone sono di due tipi:
menefreghisti /ignoranti che vivono sereni, e felici cullandosi nella
loro ignoranza o nella loro superficialità. Essi sono da sempre
l'esercito dei potenti che hanno distrutto questo Paese e continuano
imperterriti la loro opera di distruzione: il parco buoi, gli
esecutori materiali del volere dall'Alto, sono quelli che lavorano bene, ottimi esecutori di ordini.
Dall'altra ci sono i
rabbiosi, rancorosi, incazzati. Sono rabbiosi - siamo rabbiosi -
proprio perché sono coscienti. Coscienti dei problemi, dei loro
problemi, dei problemi degli altri e dei problemi di tutti. Sono le
cosiddette persone "impegnate". Che però sono senza
speranza. E con una rabbia dentro che traspare anche fuori, malgrado
tutti gli esercizi di vivere civile che tutti ci sforziamo di
mostrare ogni mattina, appena usciti di casa.
I greci mi sono
sembrati tutt'altro. Tutti consci e coscienti della grave situazione.
Anche le ragazzine. Tutti consapevoli che ai lati delle strade di
lusso ci sono tanti ragazzi come loro senza tetto, o disperati che si
sono persi nell'ero.
Ma non hanno perso la perseveranza, la loro
forte dignità, il gusto di vivere. Una tenacia che ho visto solo
nella luce degli occhi di alcuni anziani in Italia. Mi piace la loro
forza di vivere, il loro non avere rabbia, o averne meno di noi. La
rabbia offusca, rende insensibile, alla lunga causa odio e l'odio è
foriero di disgrazie, mai di soluzioni ai problemi.
Io la
rabbia ho tentato di lasciarla all'aeroporto di partenza. Quando ho
rimesso i piedi qui, nel mio Paese, ero meno incazzato. Ero,e sono un poco più determinato, se non addirittura più sereno.
Spero duri. Grazie.